Scommetto che dal titolo ti saresti aspettato di tutto, tranne una rievocazione dei tempi della scuola!
Ebbene sì, nella mia esperienza personale ho scovato l’origine di noia e solitudine proprio tra i banchi di scuola, quindi ho deciso di affrontare l’argomento non da un punto di vista accademico (educatori e psicologi ne parlano già a sufficienza), ma come se fosse un dialogo tra vecchi amici.
Non abbiamo bisogno di paroloni per ricordare le emozioni vissute nell’adolescenza, né di definizioni tecniche che classifichino i problemi che tutti, ma proprio tutti, abbiamo dovuto affrontare.
Esistono studi di settore in abbondanza, e se sei interessato ti invito a leggerli.
Nel frattempo, spero che tu abbia già letto il mio precedente articolo sull’empatia, una “funzione chiave” per capire e interpretare i prossimi paragrafi…e non solo!
Insegnanti o studenti?
Da sempre esiste una netta separazione tra queste due figure: un divario generazionale e “di ruolo” insormontabile. L’uno adulto formato e consapevole, dietro ad una cattedra rialzata per insegnare, l’altro bambino immaturo, seduto tra i suoi simili ad un piccolo banco, pronto a ricevere fiumi di sacrosanta conoscenza…
Mah…
Di certo gli insegnanti hanno un surplus di esperienza, ma hanno anche la possibilità e la volontà di condividerla con i propri alunni?
Lo scorso febbraio ho avuto l’immensa fortuna di poter parlare alle classi di un liceo, un’occasione per confrontarmi con centinaia di ragazzi e ragazze della nuova generazione.
Interagendo con loro e insegnando arti marziali da molti anni, ho scoperto l’affinità con il pensiero di uno dei miei personaggi manga preferiti, che inizia la carriera di insegnante e dopo pochi giorni rivela al suo migliore amico di aver capito che, “in fondo al cuore, sono ancora uno dei ragazzi”.
È solo instaurando un rapporto di rispetto e amicizia, infatti, che è possibile indagare (e ricordare!) le emozioni che determinano le scelte e gli sbagli di quell’età.
Altrimenti, come si potrebbero dare consigli?
Vivere di meraviglia
Rispetto e amicizia sono allora da ricercare tra pari, non tra classi sociali distinte.
E nel ricercare questa parità, questa sinergia tra chi insegna e chi impara, mi torna in mente uno dei principi cardine del Qi Gong, antichissima pratica cinese per la salute: “mantenere l’attitudine di un bambino”.
Cosa significa?
Senza inoltrarsi nei meandri della filosofia e della medicina cinese, si tratta di non cadere nella passività dell’abitudine, di non smettere mai di stupirsi e di scoprire cose nuove, di meravigliarsi di ogni novità, di essere curiosi…
Fare come i bambini insomma, portando nel cuore la leggerezza e la gioia per la vita e per le sorprese che ci riserva, un punto fermo tra le onde di sofferenza che inevitabilmente si infrangono sul nostro cammino.
Lasciare che i dolori non condizionino il nostro entusiasmo, e che il sorriso sia la risposta alle sfide quotidiane…
Niente di più difficile insomma!
O forse no?
Che fine hanno fatto la nostra voglia di scoprire, la curiosità, il desiderio di avventura?
Possibile che la noia, la routine e la mancanza di difficoltà abbiano impoverito la nostra spinta volitiva? (Tratto quest’ultimo punto nell’articolo “Resilienza: cos’è e perché non puoi farne a meno”.)
Dov’è l’origine dell’apatia che spesso ci svuota di ogni energia e ci lascia imbambolati come automi davanti ad uno schermo?
Sono queste le tematiche che ho affrontato insieme agli studenti… Da studente! Tematiche che voglio approfondire in questo articolo (data l’impossibilità di poter tornare a breve nelle scuole) e che toccano da vicino tutti noi, eterni studenti di questa strana scuola che è la vita.
Memoria emotiva
Potrei dire di non essere così vecchio da aver dimenticato com’era la vita da studente… Ed è vero! Ma è altrettanto vero che la memoria emotiva è molto più forte di quella razionale.
Si tratta della memoria associata agli eventi che hanno suscitato in noi una grande emozione, con relativa emissione di noradrenalina, un ormone e neurotrasmettitore associato alla concentrazione, all’attenzione e, appunto, alla memoria emotiva.
Alcuni stimoli sono talmente forti da generare un “ricordo intrusivo” nell’amigdala (sede fisiologica della memoria emotiva, collocata tra i due lobi temporali del cervello), futura fonte di stress post-traumatico.
Infatti, al contrario della memoria razionale (localizzata nell’ippocampo), che si sviluppa con la crescita e l’allenamento, la memoria emotiva è al pieno delle funzionalità fin dalla nascita.
Per questo motivo, anche se razionalmente incapaci di ricordare eventi risalenti ai nostri primissimi anni di vita, alcuni “ricordi rimossi” (emotivi!) condizionano fortemente il nostro comportamento nell’età adulta.
Alcune di queste emozioni, alcune di queste esperienze, hanno un’origine ancora più remota…ma affronterò l’argomento nell’articolo “Reincarnazione e vite precedenti: la testimonianza dello psichiatra Brian Weiss”.
Quello che conta è riuscire ad accedere quotidianamente alla nostra memoria emotiva, per far sì che gli insegnamenti dell’esperienza non siano sostituiti dalla logica razionale, o rimossi dall’oblio del tempo.
Step 1: la scelta di un percorso comune
Agganciandomi a queste emozioni, il primo esempio pratico che ho fatto ai ragazzi del liceo è stato proprio l’analisi di alcuni “sbalzi emotivi” dovuti a determinate circostanze.
Incredibilmente, in corrispondenza di specifici eventi (che inevitabilmente, anche se sotto forme diverse, si ripetono di generazione in generazione), tutti avevano avuto la medesima risposta fisiologica: stanchezza immotivata, sbalzi d’umore, passività e…arrabbiature!
Quello che mancava loro era la condivisione di tali sensazioni!
Siamo abituati a gestire la sfera emotiva privatamente, e questo non è sbagliato.
Il problema sorge quando, senza un confronto, non riusciamo ad analizzare origine e motivazioni delle singole emozioni, credendo di conseguenza di essere gli unici ad esserne colpiti.
Perché ti sto dicendo questo?
Per arrivare ad una semplice conclusione: tutti facciamo lo stesso percorso, indipendentemente da come ce la raccontiamo.
Possono cambiare i colori, le definizioni, le sfumature… Ma ognuno di noi, mediamente, si trova di fronte determinate situazioni, con le relative classi di scelte: alcune dovute alla famiglia, altre alla condizione sociale, altre semplicemente al mondo in cui vive.
Non è mia intenzione sminuire il singolo, ma riflettere sulle motivazioni che ci spingono ad intraprendere certe vie piuttosto che altre.
In base a cosa scegliamo?
Alla nostra individualità? Non ai tempi della scuola… Non abbiamo ancora avuto il tempo per svilupparne una.
Ascoltando le emozioni? Non sempre…spesso vince la razionalità.
Seguendo i consigli? Forse, ma non sempre è così, e spesso non sono azzeccati!
Inseguendo un modello? Probabile.
Ed ecco il problema principale.
I modelli che seguiamo.
- Per quale motivo facciamo nostro un particolare stile?
- Perché ci inseriamo in un gruppo piuttosto che in un altro?
- Perché aspiriamo a diventare in questo o quell’altro modo?
I ragazzi e le ragazze con cui ho avuto il piacere di parlare hanno dato risposte di vario tipo… Ma il sunto generale era sempre lo stesso: perché lo fanno tutti.
Potrei citare decine di autori che hanno sottolineato questa casistica, ma rimane il fatto che spesso le nostre scelte sono condizionate “dal gregge”.
Andiamo dove c’è da andare, viviamo come suggerisce la consuetudine, la tradizione, la “normalità”… Segregando nel cuore le emozioni più profonde.
Step 2: paura della solitudine e rinuncia all’identità
In mezzo a tutto ciò, che fine fanno i nostri sogni?
Fin da bambini abbiamo una tendenza particolare, unica, che si discosta dai canoni comuni… Un interesse strano, una caratteristica peculiare, qualcosa insomma che ci identifica in mezzo ai nostri simili.
Crescendo però, purtroppo, capita spesso che questo istinto, questo impulso personale, ci isoli dal resto del gruppo.
La scelta più semplice è allora quella di rinunciarvi.
Abbandoniamo per strada la caratteristica che ci rendeva “diversi”, la passione che non rientrava negli standard sociali classici.
E di conseguenza perdiamo un pezzo di noi stessi.
Ti è mai capitato?
Scommetto che sai di cosa parlo.
Però all’inizio non ce ne rendiamo conto: siamo in mezzo agli amici, facciamo tutti le stesse cose, ci divertiamo, ce la spassiamo…
Mettiamo a tacere le emozioni, per vivere in superficie, e, insieme alla solitudine, “sconfiggiamo” anche la noia!
Cos’è la noia?
Secondo il dizionario, la noia è definita come un senso o motivo di malessere interiore, connesso a una prolungata condizione di uniformità e monotonia e talvolta associato a impazienza, irritazione, disgusto, o una sensazione di avvilimento psicologico derivante da mancanza d’interessi o da passiva indifferenza nei confronti della vita.
Nel Buddhismo Dzogchen invece la noia è definita come meccanismo di difesa dello stato non illuminato.
Quali affinità intuisci?
Sappiamo che, comunque la si voglia descrivere, e per quante filosofie si possano coinvolgere, “l’illuminazione” inizia sempre dalla conoscenza di Sé.
Nascondendo le emozioni, che, pur non sapendolo, ci avvicinerebbero a persone con percorsi simili al nostro, rinunciamo ad esplorare noi stessi, a conoscerci, ed inevitabilmente cadiamo vittime della mentalità del gregge, rinunciando a formare una nostra identità.
Un esempio classico di noia è quando proviamo a sederci, chiudere gli occhi e meditare.
“Meditare cosa? Perché stare fermi senza far nulla? Non c’è nulla dietro la parete delle palpebre socchiuse! Ho mille impegni e non posso stare qui a perder tempo…”
Perder tempo…
Che espressione travisata!
Siamo così presi dalla frenetica corsa quotidiana che riempire gli spazi vuoti con impegni inutili è diventata un’abitudine inconsapevole!
Pur di non fermarsi mai…
Pur di cancellare la possibilità di rimanere in silenzio…
Pur di non creare l’opportunità di guardare dentro se stessi.
Troppe emozioni chiuse a chiave, troppe incertezze, e quella parte di noi che credevamo di aver abbandonato, ma che invece si trova ancora lì sotto, e dalla sua prigione lancia un grido soffocato…
Dove sei tu nell’immagine riflessa allo specchio?
Step 3: il crollo delle maschere
La paura della solitudine è riuscita nel suo intento, mano nella mano con il perenne senso di noia, che ci spinge a riempire i momenti di pausa con il nulla cosmico di un programma televisivo o di un social network.
Ha fatto sì che costruissimo la maschera perfetta per integrarci nella società, nel gruppo di amici, nella classe.
E poi?
Il tempo passa, tra divertimenti e chiacchiere superficiali… Finché le amicizie si sgretolano, le compagnie si dividono, i sentimenti cambiano e, per un motivo o per l’altro, “non ci troviamo più”.
Sono certo che tu sappia a cosa mi riferisco.
La maschera ad un certo punto cade, e quella voce lontana, che gridava da un luogo imprecisato dentro di noi, trova il modo di farsi sentire, almeno in parte.
È il momento in cui l’immagine allo specchio riflette un estraneo.
Che fine ha fatto il bambino con il suo sogno?
In nome di cosa è stato sacrificato?
La soluzione: cosa ci riserva l’alternativa?
Il pessimismo non rientra tra le mie qualità, quindi è il momento di mostrare un’alternativa!
Trova il coraggio di regalarti un po’ di solitudine!
Soltanto da solo, nel silenzio, lontano dalle dinamiche e dai costrutti artificiali del mondo, riuscirai a capire chi sei e cosa vuoi nella tua vita.
Dopodiché, tutto ciò di cui hai bisogno fluirà in modo naturale verso di te: le scelte più opportune, le “coincidenze” significative, le persone affini e i risultati soddisfacenti! [Per approfondire leggi l’articolo “I ‘superpoteri’ dei mistici orientali spiegati dalla scienza moderna”].
E se le parole “destino e caso” non rientrano nelle tue corde, ricorda che viviamo pur sempre in un mondo in cui l’elettromagnetismo la fa da padrone!
Come ben saprai, una volta capita la propria frequenza, le calamite hanno l’abitudine di attrarsi a vicenda..!
Non occorre altro…
Soltanto un piccolo sforzo iniziale, la forza di affrontare i propri dubbi, di indagare la propria identità, di ascoltare l’intuito che ci suggerisce cosa ci piace e chi vogliamo essere… Di sconfiggere la noia che ci impedisce di sederci in silenzio ad esplorare noi stessi, o di leggere un libro che nessuno ha richiesto.
A quel punto, consapevole del tipo di uomo o di donna che vuoi diventare, fregandotene dei modelli che impone il mondo, ti accorgerai che “la fortuna” inizierà a sorriderti, e che le amicizie autentiche si sostituiranno alle maschere indossate da tutti coloro che sono stati sopraffatti dalla paura.
PS: Per gli studenti che leggeranno questo articolo… Sappiate che è il momento migliore per esplorare tutte le vostre potenzialità!
Il tempo è a vostra disposizione e la ghiandola pineale al massimo della sua attività. Avete connessioni psichiche di gran lunga maggiori degli adulti, e la vostra mente non è ancora imprigionata da idee che – limitiamoci a dire – non vi appartengono.
Quindi dateci dentro! Avete tutte le carte in regola per superare i vostri limiti e realizzare i vostri sogni!
E tutti gli altri, beh… Volontà e coraggio possono farvi raggiungere qualsiasi traguardo, in qualunque momento della vita!!!
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