Le premesse che ogni praticante deve assolutamente conoscere
Un viaggio che ha condizionato il nostro sapere
Non è facile definire il concetto di “Arte Marziale” al giorno d’oggi. È un ramo vastissimo, che sconfina ben oltre il campo dello sport. Vi si intrecciano storia e cultura, spiritualità e globalizzazione.
Quali sono le fasi che hanno contribuito a definire gli stili di arti marziali come li conosciamo? Quali limiti, quali barriere, quali ostacoli hanno invece impedito alle “scienze del combattimento” di espandersi in ogni angolo del mondo nella loro forma originaria?
Cercherò di fornirti una panoramica completa, per quanto limitata dallo spazio di questo breve articolo, facendo alcuni passi indietro nella storia…
Prima di tutto dobbiamo tener presente che ogni arte umana ha subito un cambiamento nel corso della storia.
Spesso si è trattato di un processo di evoluzione, di un miglioramento in armonia con il progresso culturale e scientifico.
In certi casi però l’arte è stata testimone di una involuzione, di un ineluttabile regredire dovuto all’oblio dei secoli o alla superficialità di chi l’ha traghettata verso nuovi orizzonti.
Qualsiasi esperto di settore ti dirà che le Arti Marziali Tradizionali appartengono a quest’ultima categoria.
Cosa si intende per “Arti Marziali Tradizionali”
Prima di andare avanti occorre aprire questa piccola parentesi su cosa si intende per Arti Marziali Tradizionali, così definite per differenziarle dagli Sport da Combattimento.
Poiché l’argomento è ampio, ti consiglio di leggere l’ottimo articolo sulla pagina della scuola Wado Waza Karate, limitandomi a citarne soltanto due brevi paragrafi di nostro interesse:
“Arte marziale tradizionale: disciplina che, nell’allenamento, preveda il sistematico studio delle forme (Kata) e dei fondamentali (Kihon), contemplando allo stesso tempo il controllo dei colpi assestati durante il combattimento (sparring soft-contact oppure no-contact), la pratica della meditazione zen (Mokuso) e una rigida disciplina formale basata sul rispetto dell’etichetta, delle persone e delle cose (Reigi).”
“Sport da combattimento: pratica di sviluppo psico-motorio incentrata sulla ricerca della massima performance nelle competizioni che, generalmente, non implica lo studio delle forme e in cui gli elementi spirituali, come la meditazione, il controllo e il rispetto dell’etichetta (formale e sostanziale), risultano secondari se non addirittura assenti.”
Entrambe le definizioni lasciano ampio spazio ad approfondimenti, ma al momento sono sufficienti per evidenziare le peculiarità dei due ambiti marziali.
D’ora in poi la nostra analisi considererà principalmente gli stili di Arti Marziali Tradizionali, come ad esempio il Karate giapponese, il Kung Fu cinese, l’Aikido, ecc.
I tre motivi del mutamento delle Arti Marziali Tradizionali
L’incompatibilità sociale
In primo luogo voglio evidenziare la necessità di “riadattare” tecniche mortali e stili di vita interamente dedicati all’addestramento militare alle esigenze del “cittadino del mondo civilizzato del terzo millennio”.
Non sto parlando di modifiche “meccaniche” e ben concepite come, per fare un esempio, nella tecnica del Jujutsu “kanuki hiki tate” (ovvero “la catena che tira dall’alto verso il basso”), nella quale è stata cambiata l’applicazione della leva per le differenti proporzioni anatomiche delle strutture ossee giapponesi ed europee.
I “riadattamenti” a cui mi riferisco sono i tagli e le censure che hanno impedito la diffusione di interi “rami di sapere”, lasciando intravedere oggigiorno soltanto gli aspetti atletici e acrobatici – sensazionalistici e cinematografici – degli stili più famosi, e quindi più “monetizzabili”.
Pensa che l’ultimo torneo aperto in Cina, senza esclusione di colpi tra praticanti di stili Tradizionali, ha avuto luogo nel lontano 1936!
In seguito la “modernizzazione” e la “civilizzazione” hanno imposto i loro canoni etici in un mondo che apparteneva all’antica tradizione militare, e di conseguenza sono state codificate le cosiddette “forme” (taolu). Una volta trasmesse in occidente, queste ultime erano ormai state drenate di ogni funzionalità pratica e di qualsiasi significato filosofico ed energetico.
Le cerimonie di iniziazione
Il secondo motivo all’origine dell’inesorabile declino dell’universo Marziale riguarda le cerimonie di iniziazione. Il sistema maestro-discepolo è una pietra miliare della tradizione asiatica. Ogni disciplina legata alla spiritualità include, tra i suoi dogmi, complicati rituali di “passaggio”, attraverso i quali si accede ai “veri segreti dell’arte”.
Le Arti Marziali non ne sono certo escluse: dopo alcuni anni di pratica – soprattutto nelle scuole tradizionali cinesi – lo studente acquisisce il diritto di chiedere al maestro di poter diventare suo allievo.
La concessione di tale “onore-privilegio” non è scontata ma, una volta avvenuto il “battesimo” (cerimonia conosciuta come “bài shī” – 拜师 – che letteralmente significa “divenire apprendista di”, “diventare formalmente allievo di un maestro”), permetterà al nuovo figlio l’accesso alle “rivelazioni mistiche” cui è pervenuto il caposcuola… Mettendolo però anche in una condizione di servitù permanente nei confronti del maestro!
Fa eccezione Wang Xiangzhai, maestro e fondatore dello stile di Kung Fu Dachengquan (che letteralmente significa “Boxe con l’ombra grande e completa”), che ha detto: “se ogni realizzazione è resa segreta, i principi della boxe svaniscono nel nulla”, battendosi tutta la vita per l’abolizione di un sistema tanto retrogrado.
Ci tengo a precisare che con “boxe” si intende il Kung Fu, completo di ogni tipo di tecnica, e non il “pugilato” occidentale.
Il maestro Wang Xiangzhai ha affermato anche che “tutta l’umanità deve essere considerata una grande famiglia”, ma questa è un’altra storia… Intanto, chi non può viaggiare né imparare un’altra lingua deve accontentarsi delle mezze conoscenze traghettate in patria dai mercanti di “arti marziali” o dai collezionisti-consumisti di iniziazioni…
Il fattore culturale
Infine, ma non di meno conto, il fattore culturale. In occidente, in ogni ambito accademico, vige la regola del “divide et impera”: la strategia migliore per giungere all’inequivocabile veridicità scientifica consiste nel frammentare e suddividere in compartimenti stagni i rami della conoscenza, scomponendola nelle sue più piccole parti.
In oriente è l’esatto opposto!
Il principio primo che guida la ricerca – o, almeno, che ne è stato il fondamento durante lo sviluppo delle Arti Marziali Tradizionali – è proprio l’integrazione dei vari ambiti del sapere.
Un sapere apparentemente irraggiungibile…
Ecco allora che nelle Arti Marziali Tradizionali confluiscono l’Arte della Guerra, la Medicina Tradizionale Cinese, l’Anatomia, la Psicologia, il Taoismo, il Buddhismo, il Confucianesimo, lo Sciamanesimo, la Metafisica e la Jyotish Vidya (conoscenza – “vidya” – che include Astronomia, Astrologia e “misurazione del tempo attraverso la natura”, il cui etimo, “jyoti”, in Hindi significa “luce”)…
Decisamente “troppa roba” da vendere – ops, insegnare – nelle palestre del “mondo civilizzato”!
La mia domanda adesso è questa: c’è davvero bisogno di conoscere tutte queste discipline per assimilare profondamente la Via Marziale, intesa come conoscenza dell’essere umano?
Probabilmente sì.
Ma non lasciamoci scoraggiare dalle apparenze!
Mi tornano in mente le parole di Nietzsche nel “Così parlò Zarathustra”: “non è importante ciò che è vero, quanto ciò che aiuta a vivere”, e mi rendo conto che il punto sostanziale è un altro: è possibile raggiungere una simile conoscenza nell’arco di una vita?
Qui non ho dubbi in merito alla risposta: assolutamente no!
Non in questo momento storico, non in questo contesto economico e culturale.
È impossibile trovare il tempo per dedicarsi assiduamente allo studio, alla ricerca, alla meditazione, alla pratica e all’applicazione di tutte queste scienze e queste arti!
E allora come fare?
Come “perseguire la Via” in un mondo abituato a risucchiare ogni briciola del nostro tempo libero, e a censurare gli aspetti più interessanti della conoscenza?
Se vuoi conoscere la mia risposta personale, leggi subito l’articolo “Le Arti Marziali oggi: uno strumento versatile e accessibile a tutti”!
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