Empatia: il segreto del “sentire l’altro”

15 Lug 2020 | Scienza e Spiritualità

Chiudi gli occhi.

Adesso dimmi: dove sei?

O meglio, in quale parte del corpo identifichi la tua presenza adesso che il senso principale, la vista, è stato messo fuori gioco?

Prima di continuare a leggere l’articolo prova a fare questo piccolo esperimento!

Com’è andata?

Scommetto che la risposta è stata: “Sono all’interno della mia testa!”

Ho provato anch’io, e ovviamente l’istinto mi ha suggerito di identificare me stesso proprio all’altezza della mente…

Ma è davvero così?

È nella mente, alla quale associamo la funzione del ragionamento e dove ha sede l’organo del pensiero, che risiede la nostra essenza?

Oppure il nostro senso principale, la vista, responsabile del nostro “sguardo sul mondo”, ci spinge a creare una connessione diretta tra “cosa vediamo”, “da dove vediamo” e “chi siamo”?

E cos’ha a che fare tutto questo ragionamento con l’empatia?

Tra poche righe lo scoprirai!

 

Cos’è l’empatia?

Innanzitutto facciamo una breve analisi di come viene definita in occidente, e quali “parti anatomiche” ne sono responsabili secondo la medicina classica.

 

Origine e significato del nome empatia

Mani empatiaLa parola empatia deriva dal greco antico “empatéia”, che a sua volta è composta da en, “dentro”, e pathos, “sofferenza o sentimento”. Pare che venisse utilizzata per indicare il rapporto che si creava tra il cantore ed il suo pubblico.

Alla fine dell’Ottocento lo studioso di arti figurative Robert Vischer definì l’empatia come “capacità della fantasia umana di cogliere il valore simbolico della natura, di sentir dentro e di con-sentire, ossia di percepire la natura esterna come interna, appartenente al nostro stesso corpo.

Sempre consultando il web, scopriamo che il termine fu poi considerato da Theodor Lipps, filosofo e psicologo tedesco, come “attitudine al sentirsi in armonia con l’altro, cogliendone i sentimenti, le emozioni e gli stati d’animo, e quindi in piena sintonia con ciò che egli stesso vive e sente.

Insomma, ci siamo fatti un’idea del significato del termine!

 

I neuroni specchio e l’empatia

Come ho già accennato nell’articolo “Una ricetta per vivere sereni e consapevoli: impara a non farti guidare dal giudizio!”, questi neuroni si scambiano segnali per interpretare un comportamento osservato, facendocelo acquisire attraverso l’esperienza diretta.

Il loro funzionamento ci permette di copiare ciò che vediamo a livello motorio, ma anche di “farci percepire noi stessi dalla prospettiva degli altri, generando le basi della cosiddetta autoconsapevolezza oggettiva.

La capacità dei neuroni specchio che ci interessa adesso tuttavia è quella di enfatizzare le emozioni altrui, percependole come nostre.

Sì, questa è proprio l’idea alla base del concetto di empatia!

Questo implica anche che non dobbiamo sforzarci di essere empatici, perché lo strumento dei neuroni specchio ci viene fornito di default!

 

L’empatia nella psicologia sociale

È importante evidenziare quanto l’essere “empatico” aiuti uno psicoterapeuta a capire le necessità dei propri pazienti.

Indipendentemente dall’approccio infatti, che può essere affettivo o cognitivo, l’empatia gioca un ruolo fondamentale in ogni relazione interpersonale, favorendo la socializzazione attraverso la partecipazione e/o condivisione del vissuto emotivo dell’altro.

Poco importa poi che si tratti di comprendere il punto di vista dell’altro, o arrivare addirittura a capire cosa proviamo noi stessi attraverso l’assimilazione delle emozioni altrui.

Il fattore chiave è il cambio di prospettiva indotto dal processo di empatia, mettendoci “nei panni dell’altro” sia come condivisione emotiva che come comprensione esperienziale.

Non voglio dilungarmi oltre nei meandri della psicologia.

Se sei interessato, molte altre nozioni scientifiche riguardanti il concetto di empatia sono contenute nell’ottimo articolo di State of Mind – Il giornale delle scienze psicologiche: Empatia.

A noi però interessa qualcos’altro, ovvero se è possibile ampliare questa “facoltà innata” per apportare un miglioramento nella nostra vita quotidiana e nei rapporti con l’altro.

Procediamo allora per vie parallele..!

 

La mente mente…

Questa frase me l’ha ripetuta centinaia di volte il mio maestro di metafisica, cercando di farmi capire come, in un universo duale, il ragionamento logico non fosse altro che l’ennesimo strumento corrotto dal medesimo principio di dualismo… Superare la mente era quindi l’unico modo per accedere al mondo unitario dell’essenza prima, eccetera eccetera…

Niente di tutto questo ci è utile nell’immediato!

Esploreremo con la dovuta calma il tema “Metafisica” negli articoli dedicati… Per il momento limitiamoci a decifrare l’enigmatica frase “la mente mente”, e a capire cos’ha a che fare con la nostra capacità di provare empatia.

 

Scienza moderna o altro?

Abbiamo parlato di neuroni specchio, di psicoanalisi, di applicazioni sociali…

Non ti sembra un po’ troppo freddo questo approccio scientifico?

Misurare, pesare, analizzare… Non si addicono ad un ambito come l’empatia, che in fin dei conti non è altro che la capacità di comprendere la sofferenza – ma anche la gioia – degli altri.

Stiamo parlando di emozioni, di un “sentire” che va oltre i cinque sensi comuni, della facoltà di immedesimarsi in ciò che prova l’altro e farlo proprio…

Forse a questo punto c’è bisogno di mettere in gioco strumenti diversi, atipici magari, dando voce ad altri attori per capire “come fare”.

 

Parola al Dalai Lama

Ho deciso di inserire questo breve pensiero di Tenzin Gyatso, l’attuale quattordicesimo Dalai Lama, perché ingloba perfettamente quanto detto finora sull’empatia, aggiungendo quel pizzico di saggezza orientale che può fare la differenza… È tratto dal libro “L’arte della felicità”, nel quale lo psichiatra americano Howard C. Cutler intervista il rappresentate del buddhismo tibetano.

Dalai LamaNon solo l’empatia è importante come mezzo per rafforzare la compassione, ma in genere, se si hanno difficoltà nei rapporti col prossimo a qualsiasi livello, è assai utile mettersi nei panni degli altri per capire in che modo si reagirebbe alla situazione.

Anche se non abbiamo esperienze in comune con l’altro o se il nostro stile di vita è molto diverso dal suo, possiamo immedesimarci usando l’immaginazione. Occorre forse una certa creatività.

Tale tecnica ci impone di abbandonare temporaneamente il nostro consueto punto di vista e di guardare le cose con gli occhi dell’altro; di immaginare come vivremmo la situazione se fossimo nei suoi panni, come l’affronteremmo al suo posto.

Aiuta a sviluppare la coscienza e il rispetto dei sentimenti altrui: un fattore, questo, essenziale alla riduzione dei conflitti e dei contrasti con il prossimo.

Molto profondo e al tempo stesso pratico, applicabile nella vita quotidiana. Ma ancora non è sufficiente a “capire come fare”…

 

La mente nel cuore degli antichi

Facciamo un salto nel passato di qualche millennio, al tempo ignoto in cui furono scritti – non si sa da chi – i Veda, i testi sacri in sanscrito dell’India antica, facenti parte di una tradizione orale ancor più remota.

Nell’inno 129 del decimo libro del “Ṛgveda” (traducibile come “Inni della Conoscenza”) si legge questa frase:

I saggi che cercarono con il pensiero del loro cuore scoprirono l’affinità dell’esistente nel non esistente…

Il pensiero nel cuore… Il cuore considerato l’organo del pensiero.

Forse questa è la prima prova scritta di una simile concezione, che tuttavia non è nuova tra le civiltà del passato.

Non ti viene in mente per caso una pratica egizia che ci hanno insegnato alle scuole elementari? Magari costretti pure a disegnarla?

Ebbene sì! La pesatura del cuore, chiamata “psicostasia”. Secondo il “Libro egiziano dei Morti” questa era la prova da superare per poter accedere all’aldilà, poiché indicava la purezza dell’anima del defunto. Guarda caso infatti la parola greca con cui viene indicata significa proprio “pesatura dell’anima”.

Voglio fornirti un terzo esempio di quella che potrebbe essere la chiave per accedere al funzionamento vero e proprio dell’empatia.

L’ideogramma  cinese (“Xīn”)  viene  oggigiorno  tradotto  con  “cuore”,  ma anche con “mente”, “sentimento”, “intenzione”, e nei  testi  antichi  perfino come “spirito”  o  “anima”.  Infatti,  secondo  la  scuola  buddhista  Huayan, soltanto attraverso il cuore è possibile attuare la trasformazione dell’individuo su un piano più elevato…

L’universo è vacuità e tutto nasce dal cuore.

Sei libero di considerare questi esempi come semplici credenze popolari di civiltà infinitamente lontane dal progresso scientifico moderno… Ma scommetto che non è così!

Il dubbio di “poter vedere lontano perché seduti sulle spalle di giganti” è germogliato nella mente di molti ricercatori e scienziati moderni, a partire da Isaac Newton. È innegabile infatti che una qualche scienza antica sia rimasta sepolta nelle sabbie del tempo, lasciandoci indizi come questi, che hanno influenzato in modo determinante le odierne tecniche curative bio-energetiche e bio-spirituali, presenti nella medicina di metà del globo – sia essa Tradizionale Cinese (MTC), Ayurvedica, egizia o di natura sciamanica.

 

Dov’è la mente?

A questo punto probabilmente avrai notato una contraddizione: se i neuroni specchio sono indubbiamente nel cervello, com’è possibile provare empatia attraverso il cuore?

Giusto. Ma auto-limitativo… Se vogliamo davvero imparare a conoscere ed utilizzare la “macchina umana”, allora persistere nel suddividere le sue funzioni in compartimenti stagni gioca a nostro sfavore.

L’essere umano va osservato piuttosto come entità organica integrale e integrata, cioè formata da un insieme di parti che interagiscono tra loro e con il mondo circostante, integrando, appunto, ciò che avviene all’interno del corpo con ciò che avviene nell’ambiente esterno. Il campo elettromagnetico umano – energia sottile – non è altro che il tramite che favorisce tale interazione.

Parole piuttosto atipiche per la fisiologia classica occidentale, non credi?

Ma la MTC ne è a conoscenza da millenni, e voglio fornirtene subito un esempio concreto.

Molti sopravvissuti alla seconda guerra mondiale manifestavano sintomi di sordità precoce. La diagnosi però riscontrava raramente un danneggiamento del timpano, quindi la sordità non era imputabile al rumore assordante provocato dallo scoppio delle bombe. Infatti successivamente, con il passare degli anni, l’udito tornava quasi sempre alla normalità…

Proprietà autorigenerativa del timpano? Possibile, ma abbiamo detto che nella maggior parte dei casi il danno non era lì!

E quindi?

La MTC ci offre un’altra spiegazione, fondata sulle connessioni invisibili tra gli organi e sul sistema dei meridiani.

Questa diagnosi “alternativa” si fonda sulla paura dei bombardamenti, emozione capace di creare una disfunzione energetica ai reni, con il conseguente aumento della pressione sanguigna ed il manifestarsi della sordità, entrambi elementi/organi connessi alla medesima circolazione “sottile”.

Insolito, vero?

Ammetto che sia un concetto “culturalmente lontano” dal nostro panorama scientifico, ma di esempi come questo ce ne sono infiniti. Credo che il punto sia riuscire a percepire tali connessioni, sviluppando una sensibilità tale da divenire consapevoli delle trasformazioni emotive ed energetiche che avvengono nel nostro corpo e attorno a noi.

Infatti, tornando alla capacità di provare empatia, indipendentemente dal fatto che siano i neuroni specchio a recepire l’emozione altrui, la “trasformazione percettibile” di tali emozioni avviene all’altezza del cuore.

Qui però si entra in un argomento per il quale le parole non bastano. Avviene spesso nell’ambito del soprasensibile, e quindi torno a suggerirti che il modo migliore per capire è fare esperienza diretta del fenomeno!

 

Empatia: istruzioni per l’uso!

A questo punto mi chiederai come fare…

Beh, il processo non è esattamente immediato! Occorrerebbe molto spazio per una spiegazione esaustiva, ed un articolo non è sufficiente.

Naturalmente avrò modo di approfondire le varie tecniche nei miei corsi, e come sempre ogni praticante dovrà adattarle liberamente ai propri gusti e alle proprie capacità, creando una perfetta armonia tra il metodo e la propria individualità.

Per ora ti suggerisco di ripetere spesso, nella vita quotidiana, l’esercizio che ti ho proposto all’inizio di questo articolo!

Chiudi gli occhi e cerca di identificare dove sei… Adesso però sai che non devi visualizzarti necessariamente all’interno della tua mente. Prova a spostare l’attenzione sul cuore, come se il tuo pensiero, o meglio, il tuo sentire, partisse da lì!

Respira con l’addome e cerca di lasciar scivolare via le tue preoccupazioni, come se la corrente di un fiume le portasse più lontane ad ogni respiro profondo che fai… [Per approfondire leggi l’articolo “I benefici dell’attenzione sul baricentro”!]

Poi torna con “la mente nel cuore” (leggi l’articolo interamente dedicato a questo concetto rivoluzionario!), e allora, aprendo gli occhi e guardando la persona davanti a te, ti accorgerai che la tua capacità di “sentirla” si è drasticamente trasformata!

Fammi sapere le tue sensazioni nei commenti!

 

Roberto Fagnani

COACH DI GUERRIERI MODERNI E CONSULENTE DI VIAGGI INTERIORI

Coach di crescita personale per scoprire te stesso attraverso metodi non convenzionali: Arti Marziali orientali, libri, viaggi e antiche scienze spirituali.

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