Vata, Pitta, Kapha: quale è la tua energia dominante?!

26 Ott 2020 | Arti Marziali e Salute

Il precedente articolo, “Jing, Qi, Shen, i tre tesori: risveglia il tuo potenziale e vivi in salute”, si è concluso con una domanda: cosa implicano le corrispondenze, riscontrabili in molte culture asiatiche, circa la suddivisione degli “apparati energetici” umani?

Per quanto riguarda la cultura cinese, abbiamo visto che il cosiddetto “triplice riscaldatore” è composto da tre “serbatoi energetici”, i dantian, collocati rispettivamente nel basso addome, al centro del petto e all’altezza della fronte.

Ognuno di essi contiene un tipo di energia diversa (Jing, Qi e Shen, appunto), che a sua volta si collega agli organi fisici del corpo umano, ai muscoli, alle ossa, alla pelle e…allo spirito.

Secondo la medicina tradizionale cinese, squilibri nella circolazione di tali energie, mancanze o accumuli eccessivi comportano patologie e malesseri di vario genere.

La stessa cosa accade nella medicina ayurvedica…

 

Dosha: energie che influenzano tutto ciò che esiste

La medicina ayurvedica si basa sul concetto dei tridosha, bioenergie che influenzano la materia vivente, la mente e l’universo intero.

Come ho accennato nell’ultimo paragrafo del precedente articolo, all’interno del corpo umano questi tre tipi di dosha sono collocati, guarda caso, quasi esattamente nella stessa posizione dei tre dantian

Quali sono le implicazioni e i significati di questa corrispondenza “trans-himalayana”?

Prima di addentrarci nello studio dei dosha e dei loro collegamenti interni, vediamo in breve in cosa consiste la medicina ayurvedica.

 

La medicina ayurvedica: le basi teoriche

La medicina occidentale considera tutti gli individui uguali (stessa anatomia, stessa fisiologia, ecc.) e di conseguenza cerca di curare tutte le malattie allo stesso modo.

I disturbi mentali sono trattati separatamente dai malesseri fisici (ad eccezione delle malattie psicosomatiche) e, in linea di massima, si tende a rivolgerci a dottori sempre più specializzati in singole patologie.

L’approccio dell’Ayurveda è completamente diverso.

Già definirla “medicina” è di per sé molto limitante.

Viene infatti tenuto conto dell’inclinazione mentale del paziente, del suo sviluppo intellettivo e spirituale, perfino di ciò che ci portiamo dietro dalle vite precedenti! (Se ti interessa, puoi esplorare questo tema nell’articolo “Reincarnazione e vite precedenti: la testimonianza dello psichiatra Brian Weiss”.)

Per quanto assurda possa sembrare questa teoria a noi occidentali, in realtà non si discosta molto dai recenti studi di epigenetica e genomica psicosociale e culturale… Ma non approfondirò tali branche scientifiche in questo articolo.

Tornando all’Ayurveda, e ripensando a quanto detto in “Le Arti Marziali Tradizionali nel XXI secolo”, anche in questo caso molte discipline convergono nello studio dell’essere umano, in quanto “insieme di più elementi organici ed energetici, perfettamente integrati nell’ambiente circostante”.

Ecco allora che tra i parametri dell’Ayurveda compaiono la psicologia, la medicina, la filosofia, il Buddhismo, la metafisica, l’astronomia, l’astrologia, la sessualità, l’alimentazione, la botanica, il karma (leggi l’articolo dedicato!)…

Impossibile quindi affrontare ogni suo aspetto. Voglio allora focalizzare l’attenzione sulle energie interne, quella materia sottile tanto cara alle arti marziali tradizionali e a coloro che vogliono vivere in perfetta salute, sviluppando nel contempo il potenziale nascosto.

 

Cosa sono i dosha

Torniamo all’argomento principale di questo articolo: i dosha!

Non esiste una traduzione letterale dal sanscrito, ma generalmente si interpreta come “forza” o “mancanza”, ad intendere l’importanza di queste bioenergie, e sottolineare contemporaneamente che, in caso di una carenza o di uno squilibrio nel sistema dei tre dosha, si incorrerà in un disturbo mentale o fisico.

Come accennavo, queste forme di energia sottile sono tre, collocate in punti diversi del corpo umano, e come nel caso di Jing, Qi e Shen, anch’esse si contraddistinguono per la “densità” di energia.

  • Vata dosha si trova nel basso ventre ed è l’energia più leggera;
  • Pitta dosha è posizionata tra l’ombelico ed il petto, nella zona del diaframma;
  • Kapha dosha è l’energia più pesante, situata all’altezza dei polmoni, e risale fino alle narici.

Queste forze vitali, queste sostanze primarie, costituiscono l’essenza di tutto ciò che esiste in varie combinazioni, e a loro volta sono l’unione di due dei cinque elementi, nel rispetto delle tradizioni più antiche del pianeta: vata è Aria ed Etere (o Legno o Metallo, a seconda della cultura), pitta è Fuoco e Acqua, kapha è Acqua e Terra.

Generalmente queste tre energie non esistono in egual misura all’interno del corpo umano, ma anzi lo “squilibrio di partenza” va a determinare le caratteristiche peculiari di ciascun individuo.

La quantità di vata, pitta e kapha presente nel nostro organismo al momento del concepimento è determinata dall’eredità genetica, dal karma accumulato nelle vite precedenti e dal tema natale… Ma come hai avuto modo di leggere in “Sciamanesimo e introduzione ai viaggi sciamanici”, nulla è assolutamente immutabile in questo mondo!

Vediamo più da vicino le caratteristiche dei tre dosha.

 

Vata

L’energia vata è associata al sistema nervoso del corpo. Il suo “serbatoio” include intestino tenue e intestino crasso, che ne sono influenzati. È responsabile anche di mobilità e vitalità, della divisione cellulare e del funzionamento generale degli organi “vuoti”.

Chi possiede molta vata ha un forte impulso sessuale e rischia un invecchiamento precoce, disidratazione e pelle secca.

Un’insufficienza di vata comporta invece problemi di circolazione, la tendenza a preoccuparsi troppo e, in casi estremi, perfino il rischio di cadere in depressione.

Gli individui con predominanza di energia vata tendono ad avere una corporatura leggera, ad essere creativi e di umore mutevole. Sono pieni di energia, hanno voglia di apprendere e dimostrano spesso interesse per argomenti spirituali ed esoterici.

 

Pitta

L’energia pitta è responsabile del mantenimento del calore corporeo, del metabolismo e…dell’intelligenza!

Gli organi ad essa associati sono il fegato, la milza, la cistifellea, lo stomaco, il duodeno e il pancreas.

Chi ha predominanza di energia pitta è una persona con caratteristiche nella media, che difficilmente si dà agli eccessi.

Se questa energia è maggiore delle altre, sarai una persona d’appetito, con la pelle liscia e calda, piuttosto attiva e amante delle cose belle.

Presenterai inoltre una tendenza alla leadership, acutezza mentale e ambizione!

 

Kapha

L’energia kapha concerne le funzioni immunitarie, regola la forza e la massa del corpo e lubrifica le articolazioni.

Gli organi associati a questa dosha sono il seno paranasale, le narici, la gola, i bronchi e i polmoni.

Le persone con predominanza kapha tendono ad essere sovrappeso, ad accumulare ricchezze materiali e ad ingerire più cibo di quanto necessiti il loro fabbisogno. Sono lente e letargiche, meno passionali ma più romantiche.

Chi appartiene a questa categoria non ha molte aspirazioni spirituali, è tollerante e sopporta facilmente le situazioni di stress, senza sviluppare ansia. Tende però all’inattività e ad essere molto possessivo.

Sei riuscito a capire quali caratteristiche ti rappresentano di più?!

Quale credi che sia la tua dosha dominante?

 

Conclusioni… oppure no?

Esistono cinque sottotipi di vata, di pitta e di kapha, ma non voglio dilungarmi troppo… Se sei interessato, ti consiglio di approfondire personalmente l’argomento!

È importante però fare una precisazione: abbiamo già menzionato il prana, in quanto corrispondente energetico della parola cinese qi. Questa nuova suddivisione in vata, pitta e kapha può quindi creare confusione.

Il prana in realtà è la “forma più comune” di energia, poiché strettamente legata alla respirazione. Essa è associata all’elemento aria e corrisponde alla forma sottile di vata, per quanto “forma sottile” sia soltanto un’espressione formale per colmare il vuoto linguistico creatosi nel tentativo di descrivere una sostanza intangibile e invisibile, che differisce da un’altra soltanto per la frequenza vibrazionale, condizione questa tutt’altro che esemplificabile attraverso modelli fisici concreti.

Allo stesso modo la cosiddetta forma sottile di pitta è l’energia tejas, associata all’elemento fuoco, mentre la controparte sottile di kapha è ojas, associata all’elemento acqua. Tale nomenclatura tuttavia è poco comune, e rischia di farci smarrire nei meandri dei dizionari sanscriti…

Quindi, mantenendo il termine prana per riferirsi genericamente all’energia sottile propria della cultura indù e vedica, torniamo al confronto proposto ad inizio articolo. Quanto detto infatti è sufficiente per dedurre analogie e differenze con il sistema dei dantian cinese.

Tra i punti in comune tra i tridosha e il triplice riscaldatore osserviamo tre fattori principali:

  • il carattere ereditario di una parte di queste energie (la porzione prenatale di Jing, Qi e Shen, corrispondente a quella trasmessa alla prole durante il concepimento secondo le teorie ayurvediche);
  • la loro influenza su tutto l’organismo umano: tali energie sono infatti collegate al resto del corpo da canali energetici, chiamati nadi nelle scienze ayurvediche e meridiani – “jingluo” – nella medicina tradizionale cinese. Ciò rivela che neppure vata, pitta e kapha sono limitate all’interno del proprio “recipiente” di riferimento;
  • infine queste energie vitali sono costantemente “spese” durante le attività quotidiane e ricaricate attraverso la respirazione e gli elementi nutritivi che ingeriamo.

Una discrepanza significativa tra i due insegnamenti sta invece nella posizione di tali “serbatoi energetici”, e di conseguenza negli organi fisici ad essi associati.

Inoltre, e questa è la differenza più importante, non sussistono scambi o trasformazioni energetiche tra vata, pitta e kapha, al contrario di quanto avviene tra Jing, Qi e Shen, che evolvono progressivamente dalla forma più grossolana – Jing – a quella più spirituale – Shen.

Quest’ultima difformità mi risultava piuttosto strana: possibile che una cultura antica come quella indiana, praticamente dedita da millenni all’evoluzione spirituale, non prevedesse una trasformazione energetica interna al fine di evolvere rispetto alla condizione iniziale?

Per bilanciare i tre dosha si parla infatti di vivere in modo equilibrato, curare l’alimentazione, dormire a sufficienza, fare esercizio fisico, evitare ansie e stimolanti artificiali e così via…

Non mi bastava!

Così, scavando ancora tra scaffali impolverati e vecchi libri, ho scoperto l’esistenza dei granthi

Tradotto dal sanscrito questo nome indica i nodi, o cancelli, che determinano l’evoluzione spirituale dell’individuo.

Sono consequenziali, ovvero da quello collocato più in basso le energie si trasformano e risalgono verso l’alto, e si trovano esattamente nella stessa posizione dei tre dantian, i quali, come abbiamo già detto, contengono energie sempre più raffinate man mano che “saliamo” verso la sommità della “macchina umana”.

Impossibile non analizzarli più da vicino… Ma come spesso accade in queste antiche scienze, ogni argomento è collegato ad un altro, in una catena infinita di conoscenze!

Sono quindi costretto a salutarti, aspettandoti la settimana prossima per scoprire insieme, nell’articolo “Kundalini, Chakra, Bandha e Granthi: sigilli nascosti e antichi poteri“, i segreti dei tre granthi, come aprirli e quali “poteri” serbano al loro interno…

A presto!

 

 

Roberto Fagnani

COACH DI GUERRIERI MODERNI E CONSULENTE DI VIAGGI INTERIORI

Coach di crescita personale per scoprire te stesso attraverso metodi non convenzionali: Arti Marziali orientali, libri, viaggi e antiche scienze spirituali.

0 commenti

Rispondi